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Visualizzazione dei post da febbraio, 2018

"Molte storie ignorate" - Intervista a Paolo Sollier - seconda parte

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Proseguiamo proponendo la seconda parte dell'intervista a Paolo Sollier, con una serie di domande che ci portano fino alla situazione politica attuale.  Quando hai cominciato a impegnarti nel sociale e poi durante tutta la tua carriera di giocatore hai trovato nel calcio, o nello sport più in generale, spunti e personaggi che potevano rappresentare esempi positivi per la costruzione di un mondo meno ingiusto? "I personaggi esemplari c’erano o c’erano stati, solo che non li conoscevo. Ai tempi, l’unico messaggio che uscì dal mondo dello sport fu quello dal podio olimpico messicano di Smith e Carlos col loro pugno chiuso a difesa dei diritti dei neri americani e, più in generale, per rivendicare una società più giusta e solidale. Dunque l’impegno politico fu per me staccato dall’ambiente sportivo che, tra l’altro, specie a sinistra, era considerato una specie di sistema arretrato, culturalmente primitivo e poco degno di attenzione. Il mio percorso personale fu invece

"Fieramente ribelli" - Intervista a Paolo Sollier - prima parte

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Oggi vi presentiamo sul nostro blog la prima parte della lunga intervista esclusiva a Paolo Sollier, scrittore ed ex calciatore, noto per la generosità sui campi da gioco (ha militato in serie A con il Perugia a metà degli anni settanta) e per una passione politica e civile che ha sempre rivendicato con orgoglio. Gli poniamo alcune domande perché, tra le altre cose, vorremmo capire con lui il nesso che non di rado ha legato lo sport, e il calcio in particolare, alla politica. Iniziamo . Quando e come è nata la tua passione per il calcio e quali erano i tuoi idoli allora ?   "La passione è nata col divert ime nto che veniva dal giocare a pallone. Allora non esistevano scuole calcio e, almeno fino ai 12 anni, ogni gruppo di ragazzini si gestiva per conto proprio, con qualche appoggio nell'oratorio. Così si disegnavano campetti ovunque fosse possibile, usando la fantasia organizzativa e il talento che deriva dall'entusiasmo. Ricordo una porzione di prato dietro una cascin

Dio esiste

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4 gennaio 2000. Punta del Este, Uruguay. Diego Armando Maradona viene ricoverato d'urgenza. È in stato confusionale, forte crisi ipertensiva complicata da aritmie ventricolari. Il suo cuore rischia di fermarsi. Era un po' che non sentivo parlare di lui e ogni tanto ci pensavo, ma che fine ha fatto? L'ultima immagine che avevo negli occhi era quell'urlo diabolico ai mondiali del 1994, subito dopo aver segnato alla Grecia. Ma la verità è che non mi aveva mai convinto, non mi aveva mai appassionato, nemmeno ai tempi d'oro. Non so perché inizio a leggere un articolo dopo l'altro. Il ricovero appena avvenuto per un'overdose di cocaina, il mondo col fiato sospeso e tanti video di quando giocava. Non solo col Napoli, anche gli inizi in Argentina, quando giovanissimo incantava i tifosi dell'Argentinos Juniors e del Boca. Era stellare. Secco, velocissimo, un dribblatore folle capace di uscire da qualsiasi gabbia di difensori. Segnava da ogni posizione, stende