Intervista esclusiva a Pablo Llonto - Prima parte


Intervista esclusiva di Gianni Tarquini e Federico Gallo a Pablo Llonto, autore dell’importante volume La vergüenza de todos, tradotto in Italia con il titolo di I Mondiali della vergogna (Alegre, 2010).


Siamo alla vigilia dei mondiali del 2018, i ventunesimi della storia. Tu sei l’autore del testo fondamentale La vergüenza de todos (La vergogna di tutti) sull’edizione del 1978 nel tuo paese, in Argentina. Perché nel tuo titolo parli della vergogna di tutti? Cosa intendi? Non si salvò nessuno?
Si intitola ‘La vergüenza de todos’ perché tutti e tutte avemmo una parte di responsabilità in quello che accadde. Naturalmente le colpe maggiori ricadono sugli autori diretti dei fatti e sui loro complici, però non si può negare – così come non possiamo farlo con il popolo tedesco durante il nazismo – che come cittadini comuni non avemmo lo spirito democratico necessario per difendere la Costituzione e per comprendere che nessun cattivo governo giustifica l’arrivo al potere dei militari. Con la parola ‘todos’ non volevo riferirmi al resto dell’umanità, mi riferivo a tutti gli argentini. Naturalmente ci furono le eccezioni che però riguardarono unicamente gli organismi in difesa dei diritti umani e le associazioni che si crearono in Argentina in quegli anni terribili.”

Tornando al Mundial, senza i militari, senza la dittatura, come sarebbe finito quel campionato secondo te?
“Calcisticamente è probabile che l’Argentina avrebbe vinto il Mundial con qualsiasi governo al potere. Aveva una squadra capace di farlo. Sono tra coloro che pensano che non ci furono aiuti extra calcistici per permettere le vittorie che ottenne la squadra di Menotti.”

Il c.t. Menotti, chiamato anche da te, nel libro, El Rey... Come seppe tenere insieme quel fragile equilibrio che portò alla vittoria argentina? E quali furono i suoi limiti, se ci furono?
Menotti ebbe la grande virtù di insistere con i suoi calciatori per produrre un calcio che privilegiasse il movimento e il possesso palla, piuttosto che perseguire a tutti i costi il risultato. Per il suo impegno politico capì molto prima di altri che in Argentina accadevano fatti terribili e violenti.”

Fu lui a lasciare a casa un giovanissimo Maradona. Perché lo fece?
Fu uno degli errori di Menotti. Lo credette troppo inesperto per una manifestazione così importante. In ogni caso bisogna ricordare che la stampa sportiva appoggiò in pieno questa sua decisione.”

In che modo hai condotto le ricerche per il tuo libro? Con che tipo di fonti e testimonianze hai utilizzato?
Il lavoro per il libro è durato diversi anni durante i quali ho accumulato materiale; per quanto riguarda i testimoni molti erano deceduti o non hanno voluto rilasciarmi interviste. Una delle cose più complicate è stata ottenere i numeri, i costi di quel Mundial. La persona che più di tutti sapeva era il pubblico ministero Ricardo Molinas che tra il 1982 e il 1984 aveva iniziato un’inchiesta rimasta inconclusa.”

Nel tuo libro ricordi e provi la complicità nella promozione del campionato di personaggi dello sport e artisti famosi anche in Italia come Fangio, Monzón Vilas, Piazzolla. Il grande musicista italiano Ennio Morricone scrisse l’inno senza porsi troppi problemi. Pelé, che più volte ha espresso le sue simpatie di destra (anche verso i regimi dittatoriali), fu uno dei volti del Mundial, come commentatore, per conto di sponsor internazionali. Perché il mondo non ebbe dubbi, o quasi, nell’appoggiare quel mondiale della vergogna?
Le grandi figure dello sport mondiale in genere si sentono molto a loro agio abbracciando presidenti, re, primi ministri e miliardari. Sono decisioni, anche politiche, mosse però dal loro desiderio di essere riconosciuti nello star system senza preoccuparsi troppo di informarsi riguardo a quello che accade veramente.”

E Carrascosa? Il capitano della squadra argentina che a poche settimane dall’inizio del Mundial nel proprio paese lascia la squadra? Quale potrebbe essere la verità?
Carrascosa si sentiva stanco per i continui e lunghi ritiri che allontanavano i calciatori dalle famiglie e non sopportava l’ipocrisia del mondo calcistico che mette sul podio e trasforma in idolo i giocatori dopo una vittoria e li getta nella polvere e li distrugge dopo una sconfitta o un errore…”

Si raccontano storie, che riporti anche nel tuo libro, su incontri e tentativi di sostegno da parte di alcune formazioni come Francia, Olanda e Svezia alle Madres de Plaza de Mayo? Quanto fecero realmente i calciatori e i dirigenti di queste nazionali?
Nessuna di queste squadre fece nulla nel periodo del campionato del mondo, almeno pubblicamente. Sappiamo solo che alcuni singoli calciatori dell’Olanda e della Svezia si sono interessati della vicenda delle Madres.”

Gli italiani? Sai se fecero qualcosa? Purtroppo il Presidente Sandro Pertini sarebbe stato eletto solo nel luglio di quel 1978.
Su molti mezzi di comunicazione si tentò di gettare una luce sulle violazioni dei diritti umani in Argentina. È comunque difficile, dopo anni, riuscire a ricostruire quanto sapessero i dirigenti calcistici che seguivano la vostra nazionale. Di una cosa sono però sicuro: tutto il mondo sapeva che qui in Argentina non c’era democrazia e che il potere era in mano a una dittatura.”

Nella finale di quel campionato l’olandese Resenbrink colpì un palo a pochissimo dal novantesimo minuto, prima dei supplementari che decretarono il successo dell’Argentina. Se quella palla fosse entrata in rete sarebbe cambiato qualcosa a livello politico?
L’Argentina sarebbe stata vicecampione, non avrebbe quindi trionfato, e molti pensano che l’appoggio alla dittatura sarebbe terminato molto tempo prima di quando accadde.”
(continua)


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