Messi, Musa e il Mondiale delle sorprese
E così eccoci davanti alla tv a
vedere questo Mondiale senza l’Italia. Erano sessant’anni che non succedeva come ha
raccontato l’antropologo Bruno Barba nel suo libro 1958, l’altra volta che non andammo ai mondiali, saggio illuminante
che narra un’Italia in fase di trasformazione e un altro calcio che vide le
gesta immortali di Garrincha. Cambia il nostro sguardo sulla competizione: se
normalmente gira tutto intorno agli azzurri e, salvo alcune partite tra grandi,
tutto sembra essere di contorno, per la prima volta viene spontaneo considerare
il torneo nel suo complesso. Magari alla ricerca di una squadra per cui tifare,
se già non ne abbiamo scelta una. Siamo alle battute conclusive della fase a
gironi e le sorprese non sono mancate. In positivo, un plauso ad alcune
“piccole” come Iran, Nigeria e Senegal che hanno mostrato gioco e ottime
individualità, in negativo con le grandi che stentano a essere all’altezza
della propria storia.
La Germania, dopo la clamorosa
sconfitta col sorprendente Messico, è riuscita a riacciuffare la speranza solo
in pieno recupero con un geniale destro a giro di Kroos: 2-1 alla Svezia al
termine di una partita ricca di polemiche soprattutto per un lampante rigore
negato agli scandinavi.
Altra grande riuscita a
risollevare le proprie sorti contro il Costarica con un 2-0 maturato solo in
zona Cesarini è il Brasile. Incertezze iniziali che non devono ingannare, la
storia dimostra che molto spesso i vincitori si erano qualificati per le fasi
finali solo per il rotto della cuffia, basti pensare all’Italia del 1982. Chi
invece proprio non convince e rischia concretamente di fare i bagagli è l’Argentina:
dopo l’1-1 con l’Islanda e il pesante 0-3 con una solida ed efficace Croazia la
squadra è, letteralmente, nel pallone. Spogliatoio nel caos con l’allenatore
Sanpaoli messo apertamente in discussione dai suoi giocatori più
rappresentativi e un Lionel Messi che appare spento. La “pulce”, come accaduto
in passato, sembra soffrire la competizione mondiale e di sicuro non ha la forza
e il carisma di Maradona, capace di caricarsi la squadra sulle spalle e
risolvere le partite da solo. Forse come ha detto Simeone in un audio di
whatsapp finito sul web: “Messi è un grande giocatore, la ciliegia sulla torta,
ma se la torta non c’è non riesce a fare più di tanto”. E forse bisognerebbe
aprire un dibattito anche sui tanti, troppi casi, in cui i media, sfruttando la
leggerezza dei protagonisti, guardano dal buco della serratura: audio rubati,
video girati dai tifosi e rilanciati sul web sembrano dipingere un contesto
misero di un’informazione sportiva votata solo alla ricerca dello scoop a tutti
i costi. In ogni caso sarà sicuramente una grande partita quella che vedrà l’albiceleste
opposta alla Nigeria che, liquidando gli islandesi con una splendida doppietta
di Ahmed Musa, ha restituito agli argentini una flebile speranza. Ma i mondiali
insegnano che le speranze, se perseguite con caparbietà, organizzazione, gioco
di squadra e qualche talento, a volte si trasformano in realtà inaspettate. E
in questa descrizione rientrano pienamente le due sudamericane “minori”,
Colombia e Uruguay, la prima bella da vedere, con talenti invidiabili e un
tecnico capace di fare ordine e dare solidità, José Pekerman, argentino
naturalizzato colombiano; la seconda, la più italiana tra le squadre viste
finora, disciplinata tatticamente, ordinata, attenta più a risparmiare energie
che a dare spettacolo. Vedremo se saranno capaci di impensierire alcune grandi “corazzate”
europee che troveranno nel loro cammino: Spagna, Inghilterra, più in là, forse,
Francia e Germania.
Chi invece continua a confermare
la sua grandezza è Cristiano Ronaldo, finora decisivo sia nel rocambolesco 3-3
con la Spagna sia nella vittoria 1-0 col Marocco. Il suo Portogallo potrebbe
andare molto lontano in una competizione equilibrata in cui nessun risultato è
scontato e le sorprese sono sempre dietro l’angolo.
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